Tempo scaduto per il rimborso. Possibile l’annuncio anche in Ctr

E’ deducibile per la prima volta in appello la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso per tardività della relativa istanza rispetto al termine fissato dall’articolo 38, Dpr 602/1973. Ciò, salvo che sul punto non si sia formato un giudicato interno contrario. Questo, in breve, uno dei principi di diritto desumibili dalla sentenza della Corte di cassazione n. 29227, depositata lo scorso 12 dicembre 2008.

La vicenda
Una società cooperativa, che in sede di dichiarazione dei redditi relativi al 1990 aveva esposto un credito Irpeg di cui aveva chiesto il rimborso il 14 ottobre 1997, presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria; ricorso accolto con sentenza poi riformata dalla Ctr della Lombardia.
Avverso la pronuncia di secondo grado, la società proponeva ricorso in sede di legittimità cui la parte pubblica resisteva con controricorso.

Il giudizio di legittimità
Dinanzi alla Suprema corte, tra l’altro, la società ricorrente lamentava la violazione dell’articolo 57, comma 2, del Dlgs 546/1992 – secondo il quale nel secondo grado del giudizio tributario "non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio" – sostenendo che la Commissione regionale avesse errato nel momento in cui aveva disatteso l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione, da essa formulata in considerazione della novità della questione introdotta in appello dall’Amministrazione.

Secondo l’interessata, i giudici tributari di secondo grado avrebbero trascurato che il motivo di appello addotto dall’ufficio, anche se era dichiaratamente rivolto all’articolo 38 del Dpr 602/1973, coinvolgeva in realtà l’applicabilità di un’altra norma (l’articolo 4, comma 4, del Dpr 42/1988), che costituiva un passaggio logicamente e giuridicamente antecedente e che non era stato introdotto in primo grado. In sostanza, la società lamentava che soltanto in Ctr l’ufficio aveva eccepito la decadenza dal diritto al rimborso, per non avere presentato la relativa istanza nel termine previsto, appunto, dal citato articolo 38 del Dpr 602/1973.

Con la sentenza 29227/2008, la Cassazione ha respinto tale tesi, richiamando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui in materia tributaria la decadenza del contribuente dall’esercizio di un potere nei confronti dell’Amministrazione finanziaria "in quanto stabilita in favore di quest’ultima ed attinente a situazioni da questa non disponibili è rilevabile anche d’ufficio".

La conseguenza di tale impostazione, hanno continuato i giudici, alla luce degli articoli 57, comma 2, del decreto sul contenzioso tributario, e 345, comma 2, del codice di procedura civile, è che, come anticipato, la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso per tardività della relativa istanza rispetto al termine fissato dalla legge può essere dedotta per la prima volta in appello, salvo che sul punto si sia già formato un giudicato interno.

Considerazioni
Il principio di diritto fissato dalla sentenza si pone lungo il filone giurisprudenziale di legittimità secondo il quale occorre distinguere l’ipotesi di decadenza dell’Amministrazione finanziaria dall’esercizio di un potere nei confronti del contribuente da quella, diversa, di decadenza del contribuente dall’esercizio di un potere nei confronti dell’Amministrazione finanziaria (cfr Cassazione, sentenza 11521/2004, con abbondante richiamo di giurisprudenza; conforme, in tempi più recenti, Cassazione, sentenza 1605/2008).

Nel primo caso, precisa la sentenza 11521/2004, la decadenza – in quanto stabilita in favore e nell’interesse esclusivo del contribuente, in materia di diritti da questo disponibili – "non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere dedotta dal contribuente davanti all’adita commissione tributaria".
Nel secondo caso, invece, la decadenza, in quanto stabilita in favore dell’Amministrazione finanziaria e attinente a situazioni non disponibili da quest’ultima "…- perché disciplinata da un regime legale non derogabile, rinunciabile o modificabile dalle parti – , è rilevabile anche d’ufficio".

Da tale impostazione, sul piano processuale, discendono alcune conseguenze, evidenziate dalla richiamata giurisprudenza della Suprema corte, ovvero:
l’inammissibilità della deduzione – effettuata per la prima volta in appello – della violazione di un termine di decadenza sostanziale stabilito in favore del contribuente (si vedano, sentenze 404/1999, 5634/1999, 2552/2003)
la deducibilità per la prima volta in appello della decadenza stabilita dalla legge tributaria in favore dell’Amministrazione finanziaria – trattandosi, come detto, di situazione non disponibile dalla stessa e, pertanto, rilevabile d’ufficio -, come nel caso di decadenza del contribuente dal diritto al rimborso per non aver presentato la relativa istanza nel termine previsto dall’articolo 38 del Dpr 602/1973 (ex multis, Cassazione, sentenze 9940/2000 e 10591/2002), sempre fatto salvo che sul punto non si sia già formato un giudicato interno.

Per completezza, appare opportuno precisare che l’espressione "giudicato interno" identifica il giudicato formatosi su una questione per effetto della pronuncia esplicita o implicita su di essa nell’ambito dello stesso processo in cui il giudicato interno si intende far valere.
Tale giudicato, come ricordato anche dalla sentenza 29227/2008 in esame, deve avere per oggetto una questione, avente una propria individualità e autonomia, così da integrare una decisione del tutto indipendente mentre "non può formarsi su una mera argomentazione giuridica, pur se servita a risolvere questioni strumentali rispetto all’attribuzione del bene controverso, e che il giudice abbia adoperato solo per chiarire l’iter logico della motivazione ma che non si traduca in un accertamento isolabile dal contesto dell’argomentazione stessa (cfr Cass. n. 8215/07, n. 19679/03)".

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