Accordo di ristrutturazione

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Il decreto legge n. 35 del 14 marzo 2005 (cosiddetto decreto competitività), convertito dalla Legge n. 80/2005, insieme alla riformulazione del concordato preventivo e dell’azione revocatoria fallimentare, ha introdotto l’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, disciplinato dall’art. 182-bis della novellata legge fallimentare, in parte rimaneggiato dal decreto correttivo alla riforma del diritto fallimentare (decreto legislativo n. 169 del 12 settembre 2007). Nella fattispecie il debitore deposita in tribunale un accordo di ristrutturazione dei debiti con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti. Congiuntamente dovrà essere depositata la relazione di un esperto sulla fattibilità del piano, una relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, l’elenco dei creditori. L’accordo è efficace dalla data della sua pubblicazione nel registro delle imprese.

LO SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA: Gli accordi di ristrutturazione sono considerabili una procedura negoziale ibrida (a metà tra le procedure stragiudiziali e tra quelle giudiziali concordatarie), in quanto partono da un accordo tra singoli attraverso un ordinario contratto di diritto privato, e si concludono con la fase giudiziale di omologazione, e la pubblicazione nel registro delle imprese. Questa procedura negoziale della crisi inizia con il ricorso del debitore in stato di crisi che presso il tibunale competente deposita un accordo di ristrutturazione dei debiti con almeno il 60% dei creditori, l’elenco delle attività e dei crediti, l’elenco dei creditori personali del socio a responsabilità illimitata, e l’attestazione di un professionista iscritto all’albo dei revisori contabili, circa la fattibilità e l’attuabilità degli accordi, e circa la capacità del debitore di soddisfare regolarmente tutti i creditori estranei, ovvero tutti quei creditori che non hanno stipulato l’accordo con il debitore, e che quindi devono vedere soddisfatta la loro obbligazione in maniera regolare, (secondo quindi le modalità presenti nel titolo). Questa procedura post-riforma, prevede anche la transazione fiscale, è importante però valutare che cosa accade se nel 60% dei creditori minimi aderenti agli accordi, sia compreso o meno il fisco: se nel 60% è compreso il fisco, allora la domanda deve essere accolta dall’erario prima della pubblicazione nel registro delle imprese; elemento che non deve sussistere se nel totale dei creditori non è compreso l’erario, in quanto di fatto è stante in ogni caso il monte crediti minimo richiesto dalla legge fallimentare. Successivamente alla stipula degli accordi, quest’ultimi devono essere iscritti nel registro delle imprese; da tale momento inizia per 60 giorni il divieto di intraprendere azioni esecutive individuali per i creditori nei confronti del debitore, ed il termine di 30 giorni per fare opposizione. Si deve inoltre tenere presente che non è previsto il divieto di azioni esecutive durante le trattative, ovvero prima della pubblicazione degli accordi nel registro delle imprese, tuttavia il debitore in via giudiziale può richiedere l’istanza di sospensione, che deve essere comunque iscritta nel registro delle imprese. La proceddura si conclude (se non vi sono opposizioni) con l’omologa da parte del tribunale che produce i suoi effetti (effetto principale di esenzione da azione revocatoria ai sensi dell’art. 67 della legge fallimentare) solo dopo la pubblicazione del decreto nel registro delle imprese (anche se probabilmente si può parlare di effetto retroattivo). L’omologazione dà il via alla fase esecutiva della procedura, che però di fatto è lasciata alle norme del diritto privato in materia dei contratti; sarà però facoltà dei creditori estranei, che non vedranno l’adempimento della propria obbligazione, fare istanza di fallimento. Per quanto riguarda invece i creditori aderenti agli accordi, questi potranno richiedere la risoluzione della procedura qualora si verifichi l’inadempimento del debitore, che di fatto non si attiene agli accordi che lui stesso aveva proposto; la risoluzione del concordato già omologato anche in caso di successivo fallimento, non dovrebbe tuttavia avere ripercussioni circa gli atti posti in essere in esecuzione di procedura.

Fonte: Wikipedia

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