Iresa, un tributo di scopo sui decolli e atterraggi negli aeroporti

Scade oggi 5 gennaio il termine per il versamento dell’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili. Conosciuta con l’acronimo di Iresa, l’imposta viene applicata a carico delle aviolinee che effettuano decolli e atterraggi negli aeroporti civili ubicati in ambito regionale. Le somme dovute vengono calcolate per tonnellate in base ai decolli e agli atterraggi effettuati nel trimestre negli aeroporti civili. L’imposta trova il suo fondamento nell’opportunità di ridurre la produzione delle emissioni sonore nelle aree limitrofe agli scali aeroportuali.

L’introduzione dell’Iresa
L’Iresa è stata istituita a decorrere dal 2001 ed è un tributo di scopo che ha come obiettivo la riduzione dell’inquinamento acustico nelle aree limitrofe agli aeroporti. Il gettito di questa imposta è destinato al completamento dei sistemi di monitoraggio capillare del rumore e disinquinamento acustico, al miglioramento generale della vivibilità dei territori coinvolti dalle attività aeroportuali e all’eventuale indennizzo delle popolazioni residenti nelle aree aeroportuali. È dovuta a ogni regione o provincia autonoma per ogni decollo ed atterraggio dell’aeromobile civile negli aeroporti civili.

La nota metodologica dell’Istat
Secondo l’Istat un’imposta è definita ambientale nella misura in cui la sua base impositiva è costituita da una grandezza fisica che esercita sull’ambiente un impatto negativo provato e specifico. L’approccio adottato dall’Istat è stato elaborato sulla base delle linee guida internazionali che consentono di predisporre statistiche sulle imposte ambientali. Nel contempo l’approccio considera la guida metodologica dell’Eurostat per la compilazione del conto satellite della spesa per la protezione dell’ambiente Epea (Environmental Protection Expenditure Account).

Tabella 1 – Basi impositive delle imposte ambientali

Emissioni atmosferiche osservate o stimate
– Emissioni di NOx misurate o stimate
– Contenuto di SOx dei combustibili fossili
– Altro
Sostanze che riducono lo strato di ozono (ad esempio CFC o halons)
Emissioni osservate o stimate di inquinanti in acqua
– Emissioni di sostanze ossidabili (BOD, COD)
– Altre emissioni di sostanze inquinanti
– Raccolta e trattamento delle sostanze inquinanti
Fonti non puntuali di inquinamento dell’acqua
– Pesticidi
– Fertilizzanti artificiali
– Concime da allevamenti
Gestione dei rifiuti
– Gestione dei rifiuti – aspetti generali
– Gestione dei rifiuti – singoli prodotti
Rumore (ad es. decollo ed atterraggio dei velivoli)
Prodotti energetici
– Prodotti energetici impiegati per il trasporto
– Benzina senza piombo
– Benzina con piombo
– Diesel
– Altro (ad es. GPL o gas naturale)
– Prodotti energetici impiegati per usi stazionari
– Olio combustibile
– Gas naturale
– Carbone
– Coke di cokeria
– Bio-combustibili
– Altri combustibili per usi stazionari
– Elettricità – produzione, consumi
– Calore per riscaldamento – produzione, consumi
Trasporti
– Veicoli a motore – importazioni o vendita
– Veicoli a motore – registrazione o uso

Fonte: Eurostat

Produttività acustica e imposizione fiscale
Il concetto di produttività acustica in ambito aeronautico trova applicazione anche nei meccanismi di imposizione fiscale di alcuni aeroporti europei. Classificazione dell’aeromobile, fascia oraria del volo incrementi percentuali di incidenza della tassa in funzione dei decolli e degli atterraggi nelle ore più trafficate, ad esempio, sono i principali parametri di riferimento utilizzati in Belgio. In Francia, invece, il calcolo della tassa sul rumore prodotto dagli aeromobili civili dipende dagli orari di effettuazione dei voli, dalla tipologia dello scalo, dalla categoria di appartenenza dell’aeromobile e dal suo peso massimo al decollo. In Svizzera i decolli e gli atterraggi sono soggetti a un sistema di monitoraggio che consente di calibrare la tassa in funzione del livello di rumore prodotto nelle aree limitrofe agli scali aeroportuali.

La normativa Ue e quella nazionale
L’attuale disciplina comunitaria (direttiva 2002/30/CE), mira ad agevolare l’adozione di restrizioni operative coerenti a livello degli aeroporti per limitare o ridurre il numero delle persone colpite dagli effetti nocivi del rumore prodotti dagli aeromobili nonché istituire un quadro che salvaguardi le esigenze del mercato interno, promuovere uno sviluppo delle capacità aeroportuali che rispetti l’ambiente, consentire la scelta fra le varie misure disponibili allo scopo di conseguire il massimo beneficio ambientale al minor costo, favorendo il raggiungimento di obiettivi definiti di riduzione dell’inquinamento acustico a livello dei singoli aeroporti. Oltre alla direttiva 2002/30/CE sulle procedure per l’introduzione di restrizioni operative per il contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 13 del 17 gennaio 2005, il quadro normativo nazionale è caratterizzato anche da un’altra importante direttiva comunitaria. Si tratta della 2002/49/CE, relativa alla determinazione e gestione del rumore ambientale, recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo n. 194 del 19 agosto 2005.

Gianluca Di Muro – Fisco Oggi

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