Fondo rustico, quando la servitù di passaggio genera plusvalenza

L’indennità percepita dal proprietario di un fondo rustico, acquistato da meno di cinque anni, per una servitù di passaggio costituita volontariamente, è imponibile ai fini Irpef e costituisce una plusvalenza. La costituzione volontaria di servitù, infatti, può essere assimilata alle cessioni a titolo oneroso. E’, in sintesi, quanto chiarito dall’agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 379/E del 10 ottobre 2008, con cui vengono stabilite anche le modalità di determinazione della plusvalenza.

Una società di trattamento e stoccaggio di rifiuti intende realizzare un impianto su un terreno che non ha un accesso alla pubblica via e, pertanto, ha chiesto la possibilità di transito su un fondo attiguo a quello in cui verrà costruito. Il proprietario del terreno confinante, in base alla richiesta, intende costituire con un atto pubblico una servitù di passaggio volontaria di dieci anni sul proprio fondo, per cui riceverà dalla società un’indennità di 500mila euro, corrisposta in dieci rate annuali di 50mila euro ciascuna. Il proprietario si è rivolto, quindi, all’agenzia delle Entrate per sapere se l’indennità di servitù percepita concorra o meno a formare il reddito Irpef.

La servitù prediale è un diritto reale di godimento che, ricorda prima di tutto l’Agenzia, consiste "nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario" (Codice civile, articolo 1027) e può essere coattiva o volontaria. Secondo le Entrate, l’indennità percepita per la costituzione volontaria di un diritto di servitù prediale concorre a formare il reddito Irpef, perché, come stabilito dall’articolo 9, comma 5 del Tuir, gli atti a titolo oneroso riguardanti la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento, sono assimilati, ai fini delle imposte sui redditi, alle cessioni a titolo oneroso. Nel caso in esame, inoltre, l’indennità rappresenta una plusvalenza perché proviene dalla cessione a titolo oneroso avvenuta entro cinque anni dall’acquisto e rientra, quindi, tra i redditi diversi, in particolare tra quelli indicati dall’articolo 67, comma 1, lett. b), del Tuir.

L’Agenzia, infine, prosegue dettando le modalità di determinazione della plusvalenza, data dalla differenza tra il corrispettivo della servitù, così come stabilito dall’atto, e il prezzo di acquisto originario della stessa, a sua volta stabilito "tra il valore complessivo attuale del terreno agricolo e il corrispettivo percepito per la costituzione della servitù". L’Agenzia ricorda che, nel caso specifico, bisogna tenere conto che l’indennità è percepita in rate annuali di pari importo e quindi che, in base al principio di cassa, la plusvalenza dovrà essere calcolata "in aumento del reddito complessivo relativo al periodo d’imposta in cui è stata percepita la singola rata convenuta nella percentuale riferibile a tale singola annualità".

Alessandra Gambadoro – Fisco Oggi

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