F24: chi lo tarocca “paga” penalmente

La falsificazione materiale del modello F24, quando l’autore del falso è un privato, integra l’ipotesi delittuosa prevista dagli articoli 478 e 482 del codice penale. L’F24, infatti, non costituisce né atto pubblico né certificazione amministrativa, ma attestato sul contenuto di atti, in quanto documento a carattere "derivativo" del modulo di versamento di cui riporta gli estremi essenziali.
Questo, in sintesi, il pensiero espresso dalla V sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 36687 del 24 settembre.

La vicenda
Un soggetto – accusato di avere effettuato per conto di terzi versamenti all’agenzia delle Entrate con F24 per una somma inferiore a quella pattuita e di avere poi falsificato il modello stesso per fare risultare come pagata la somma effettivamente dovuta – veniva rinviato a giudizio per rispondere di tale fatto, qualificato dalla pubblica accusa come violazione degli articoli 477 e 482 del Codice penale(1).

Riconosciuto colpevole, veniva condannato dal tribunale di Cassino per il reato di cui agli articoli 478(2) e 482 del Codice penale, così modificata l’originaria imputazione.

La Corte di appello di Roma, dopo avere escluso che nei fatti fosse ravvisabile il delitto di "falsità in scrittura privata", confermava la responsabilità penale affermata in primo grado.

La sentenza veniva impugnata in sede di legittimità dall’interessato, il quale deduceva la circostanza che il modello F24 era stato genericamente qualificato come atto rivestente natura pubblicistica, senza che la giustizia di merito avesse chiarito se la falsificazione di tale atto comportava la violazione dell’articolo 477 o, piuttosto, dell’articolo 478 del Codice penale.
Lamentava, in sostanza, che i giudici della Corte d’appello non avevano chiarito se il modello di pagamento unificato configurasse un certificato ovvero un attestato del contenuto di atti.
Il ricorrente precisava, inoltre, che nei fatti ascrittigli doveva ravvisarsi una truffa, perpetrata in danno dei contribuenti che a lui avevano affidato il pagamento, e un falso in scrittura privata, sostenendo al riguardo che la copia dell’F24 riservata al soggetto che effettua il versamento non ha valenza pubblicistica né ha natura di attestazione liberatoria: ne desumeva la non perseguibilità di entrambi i reati per mancanza di querela.

La sentenza
La V sezione penale della Cassazione, nell’affrontare la questione, ha in primis ritenuto del tutto pacifico il fatto materiale contestato all’imputato, rilevando come questi avesse pagato per conto di alcuni contribuenti una sanzione con il modello F24, versando una somma inferiore a quella dovuta e a quella ricevuta dai contribuenti, e facendo poi apparire come versata, sulla copia del modello destinata al contribuente, la somma effettivamente dovuta.
Quindi, il collegio di piazza Cavour è passato a esaminare la questione di diritto se la fattispecie de qua integri la violazione dell’articolo 477 del Codice penale ovvero quella del successivo articolo 478.
Per risolvere il problema, chiarisce la Suprema corte, occorre stabilire se il modello F24 rilasciato al contribuente debba considerarsi un attestato ovvero un certificato, tenendo conto che l’unico reale elemento distintivo dell’attestato rispetto al certificato "è nel riferimento – sommario o sintetico – del primo al contenuto di altri atti e quindi ai fatti giuridici relativi, con funzione innegabilmente probatoria, assolta ugualmente dal certificato ma in relazione a fatti o situazioni risultanti – comunque – al pubblico ufficiale, anche attraverso una sua eventuale attività di indagine".

Secondo i giudici, dunque, l’F24 ha la natura degli attestati i quali (a differenza dei certificati) sono documenti a carattere "derivativo", in quanto "sinteticamente riproduttivi di altri atti o registri originali, ai quali il loro autore fa organico riferimento per approntare il contenuto".
In effetti, il modulo F24 è composto da parti sostanzialmente identiche che riportano gli estremi del tributo o della sanzione e l’importo pagato, e che vengono presentate all’esattore che segna sulle parti del documento, di cui uno diretto all’ente impositore e l’altro rilasciato al contribuente, l’importo pagato.
Il modulo consegnato all’interessato, del tutto conforme a quello di competenza dell’ente impositore, svolge la funzione di quietanza di pagamento con funzione liberatoria del debitore e "quindi, non costituisce né atto pubblico né certificazione amministrativa, ma attestato sul contenuto di atti, in quanto attestazione derivata dell’atto di versamento…, di cui riporta gli estremi essenziali".

Pertanto, la materiale falsificazione del modello F24 integra l’ipotesi delittuosa prevista dagli articoli 478 e 482 del Codice penale quando l’autore del falso, come nel caso esaminato, sia un privato.

NOTE:
1) L’articolo 477 Cp "Falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative" prevede che "il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative… è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni". Il successivo articolo 482 "Falsità materiale commessa dal privato" stabilisce che, se alcuno dei fatti previsti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell’esercizio delle sue funzioni, "si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo".

2) L’articolo 478 Cp sanziona, con pena diversa a seconda della fattispecie, il reato di "Falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti".
Massimo Cancedda – Fisco Oggi

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