Versamenti omessi o ritardati, il condono del tutto o niente

Pagare in parte e/o in ritardo le somme dovute per la definizione degli omessi o ritardati versamenti (articolo 9-bis, legge 289/2002) porta all’inefficacia del condono e l’istanza non si perfeziona. Questa è in sintesi la parte saliente di una decisione presa, a favore dell’agenzia delle Entrate, il 22 settembre 2008 dalla Commissione tributaria di II grado di Trento con la sentenza n. 88.
In primo grado, la Commissione aveva accolto solo in parte le motivazioni dell’Amministrazione.
Già altre tre sentenze di II grado (le numero 55, 58 e 87 del 2008) avevano trattato casi e decisioni simili.

Dicembre 2005. Una Sas aveva versato in tale data ciò che avrebbe dovuto pagare esattamente e con termine perentorio il 30 novembre 2004. Si trattava del versamento relativo alla quarta e ultima rata di una somma calcolata in applicazione dell’articolo 9-bis della legge 289/2002, dovuta a titolo di condono di un debito Irpef.

L’ufficio di Cavalese negava la validità dell’operazione: la quarta rata del condono era stata versata con più di un anno di ritardo. Considerando che la legge 289/2002 pone una scadenza improrogabile, l’ufficio notificava un provvedimento di diniego di definizione del condono e applicava la sanzione prevista dall’articolo 13 del Dlgs 471/1997, rapportata all’imposta originariamente non versata.

La Sas contestava il provvedimento dell’Amministrazione e ricorreva ai giudici tributari. La società indicava un orientamento: il condono si deve ritenere perfezionato già con il pagamento della prima rata. Proponeva, quindi, l’annullamento del provvedimento dell’ufficio e, in via subordinata, il riconoscimento della validità della definizione agevolata, con l’applicazione di una sanzione pari al 30%, calcolata sulla somma non versata.

La Commissione tributaria di primo grado accoglieva questa impostazione.

Nell’aprile 2008, l’ufficio locale riapriva i giochi, chiamando in causa la Commissione tributaria di II grado. L’appello ha permesso oggi di rivedere il primo giudizio, mettendo in risalto il carattere contraddittorio delle motivazioni, ricostruendo quello che dovrebbe essere a maggior diritto un corretto percorso tra le norme che regolano i casi di condono fiscale, a partire, ovviamente, da quelli previsti dalla Finanziaria 2003.

L’articolo 9-bis della legge 289/2002 disciplina, come anticipato, la definizione dei ritardati od omessi versamenti, prevedendo la possibilità per il contribuente di provvedere al pagamento, in un’unica o in più rate, delle imposte risultanti dalle dichiarazioni ante 31 dicembre 2002 e mai versate. Il contribuente paga una somma a condono maggiorata da una sanzione calcolata in base all’articolo 13 del Dlgs 471/1997.

"La mera lettura del dato letterale della norma de qua consente di affermare che i contribuenti al fine di potersi avvalere delle disposizioni di cui all’articolo stesso, devono, in primo luogo, provvedere al necessario pagamento di quanto dovuto e, poi, presentare una dichiarazione integrativa, in via telematica…". Così si sono espressi i giudici di II grado. E’ dirimente il fatto che il contribuente debba provvedere al necessario pagamento di quanto dovuto. Infatti, "il momento perfezionativo dell’efficacia di tutte le tipologie di sanatoria disciplinate dalle legge 289/2002 è subordinato al versamento delle somme dovute". D’altro canto, e nello specifico, non c’è nessun elemento nell’articolo 9-bis che consenta di ritenere perfezionato il condono con il pagamento di solo una parte delle somme dovute. Di più, la norma integra una specie particolare di condono, così come ha stabilito la stessa Cassazione.

"Particolare" rispetto, ad esempio, al condono di tipo "premiale", previsto dall’articolo 8 della stessa legge. "Particolare" nel senso che la Suprema corte ha parlato espressamente di "condono tributario clemenziale". La distinzione concettuale enunciata nella sentenza di legittimità 18353/2007 implica un principio di interpretazione letterale dell’articolo 9-bis il cui contenuto non va tratto per analogia dall’articolo 8. E le parole dei giudici di Trento vanno in tale senso: "La mera applicazione di tale principio implica l’erroneità della pronuncia formulata dal giudice di prime cure laddove ha ritenuto applicabile la previsione del perfezionamento della sanatoria anche nell’ipotesi, sicuramente difforme, del condono ex art 9 bis legge 289/2002".

Angelo D’Andrea – Fisco Oggi

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