L’importo dello scontrino non conta. La mancata emissione comporta comunque la chiusura dell’esercizio

La Commissione tributaria provinciale di Milano, con la sentenza n. 48/40/08, ha respinto il ricorso di un contribuente a cui avevano apposto i sigilli alla relativa attività per omesso rilascio dello scontrino fiscale. La motivazione portata in sede di ricorso era l’esigua somma dell’importo degli scontrini non battuti.
La mancata emissione di scontrini o ricevute fiscali è uno dei temi più ricorrenti nel settore del commercio e proprio per arginare un fenomeno ritenuto sempre più in aumento il Governo ha deciso di inasprire le sanzioni. Non solo multe, dunque, ma anche la chiusura dell’attività.
Proprio per dette violazioni, il “Decreto Bersani”, stabilisce la chiusura – da 3 giorni a 6 mesi – dei negozi i cui titolari siano stati scoperti a non emettere scontrini fiscali per tre volte nell’arco di cinque anni. L’attuale disciplina, in materia di “emissione di scontrini e ricevute fiscali”, prevede che la Direzione Regionale proceda a chiudere l’attività commerciale sulla base delle contestazioni rilevate (tre in cinque anni, ovvero accertate anche “unitariamente” – tre nella stessa giornata – e non “in tempi diversi”) senza la necessità di attendere il definitivo accertamento da parte della competente Agenzia delle Entrate. Inoltre, il Decreto in argomento, in caso di una consistente evasione fiscale, prevede un’ulteriore inasprimento della sanzione accessoria. Difatti, se l’importo complessivo degli scontrini contestati è superiore ai cinquantamila euro, la chiusura prevista può variare da uno a sei mesi.

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