La prova contraria spetta sempre al contribuente

Il redditometro si basa su elementi e circostanze di fatto certi (acquisto a titolo oneroso di un bene immobile, acquisto/possesso di autovetture, disponibilità di residenze secondarie, consumo di energia elettrica per uso domestico, eccetera) che fanno presumere una capacità di spesa correlata a esborsi di somme di denaro e a spese di gestione. L’accertamento sintetico scatta, quindi, in presenza di uno scostamento significativo, superiore al quarto rispetto al reddito dichiarato nel biennio, tra quanto emerge sulla base degli indici di spesa e il reddito imponibile dichiarato.

E’ disciplinato dall’articolo 38, comma 4, del Dpr n. 600/73, in base al quale l’ufficio può, in presenza di elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato.

Con un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate sono individuati, per ogni biennio, gli elementi indicativi di capacità contributiva.

Ai fini del redditometro rilevano essenzialmente i seguenti aspetti: a) la spesa come esborso, in quota solo nell’anno di acquisto del bene e nei quattro anni precedenti; b) il costo di gestione nell’anno di acquisto e nei successivi fino alla dismissione.

Oltre all’utilizzo degli indici individuati con provvedimento del direttore delle Entrate, l’ufficio può procedere alla rettifica del reddito del contribuente utilizzando la presunzione prevista dal comma 5 dell’articolo 38 citato, in base alla quale le spese per incrementi patrimoniali, si ritengono effettuate con redditi prodotti nell’anno in corso e nei quattro precedenti.

Quindi in ipotesi, ad esempio in caso di acquisto di un immobile per 200mila euro nel 2008, senza finanziamenti, ai fini del redditometro, salva prova contraria fornita dal contribuente, esso si considera effettuato con redditi prodotti almeno pari a 40 mila euro nel 2008, e 40 mila per ciascuno dei precedenti 4 anni.

In presenza di differenze tra quanto attribuito al contribuente e quanto dal medesimo dichiarato, gli uffici di norma lo invitano a comparire, ovvero richiedono l’esibizione o la trasmissione di atti e documenti rilevanti, o ancora inviano questionari relativi a dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento, da restituire compilati e firmati. In queste ipotesi il contribuente ha la possibiità di dimostrare, anche prima della notifica dell’accertamento, che il maggior reddito contestato sia tutto o parzialmente giustificabile, in quanto, ad esempio, costituito da redditi esenti o soggetti a ritenuta d’imposta alla fonte, non compaiono in dichiarazione.

Molto più di frequente gli elementi forniti dal contribuente consistono in idonea documentazione dalla quale emerga il possesso di somme, non rilevanti fiscalmente per l’anno oggetto di accertamento, che consentono il mantenimento del tenore vita contestato. E il caso, oltre ai citati redditi esenti o assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, di somme riscosse a titolo di disinvestimenti patrimoniali (vendite di patrimoni), di importi derivanti da condoni fiscali per i quali il contribuente ha comunque sanato la propria posizione tributaria; risparmi accumulati nei vari anni e mai spesi, eredità, donazioni, vincite, già tassate ovvero non imponibili. In tale contesto si inseriscono anche le somme derivanti dagli scudi fiscali degli anni passati, ovvero da quello in corso, che hanno consentito al contribuente di far emergere capitali precedentemente detenuti all’estero successivamente spesi.

Resta fermo che, incombendo sul contribuente l’onere probatorio di dimostrare tutte le citate circostanze, sarà necessario fornire all’ufficio idonea documentazione di quanto asserito.

Fonte: Iorio Antonio – il Sole 24 Ore – Norme e Tributi di lunedì 16 novembre 2009, pagina 5

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