Indeducibili i costi di pubblicità dei farmaci

Dal 1° gennaio 2003, sono indeducibili dal reddito di impresa "i costi sostenuti per l’acquisto di beni o servizi destinati, anche indirettamente, a medici, veterinari o farmacisti, allo scopo di agevolare, in qualsiasi modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto ad uso farmaceutico" (articolo 2, comma 9, legge 289/2002).  

Si tratta di tutti i costi sostenuti dalle aziende farmaceutiche nell’ambito dell’attività di informazione scientifica rivolta alla classe medica.
La norma citata deve comunque essere interpretata in maniera coordinata con la disciplina di settore, relativa ai criteri di deducibilità delle spese della aziende farmaceutiche.
La questione sulla deducibilità dei costi deve, cioè, essere coerente con la legislazione sanitaria (Dlgs 541/1992).
L’attività diretta ai medici deve essere, infatti, priva di intenti pubblicitari.
Visto il settore di cui stiamo parlando, del resto, la salute del cittadino costituisce un bene costituzionalmente tutelato, che, sicuramente, può prevalere sugli ordinari criteri di deducibilità fiscale.

Anche la circolare dell’Agenzia delle Entrate 3/2006 afferma, in particolare, che l’indeducibilità si riferisce alle spese per l’acquisto di beni e servizi destinati a medici, veterinari e farmacisti che non siano di valore trascurabile, e a quelle relative ad altri comportamenti illeciti vietati dalla disciplina speciale di settore contenuta nel Dlgs 541/1992.

Si tratta, quindi, di spese che ordinariamente sarebbero inerenti e deducibili dal reddito d’impresa (a titolo di spese di rappresentanza o pubblicità), ma che diventano indeducibili perché relative a violazioni della normativa di settore, configurando illeciti penali o amministrativi.
Tale limite non si applica ai costi che rientrano in una lecita attività promozionale svolta dalle case farmaceutiche. In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha definito spese di pubblicità esclusivamente quelle "volte a rendere noto un farmaco presso la classe medica", destinate "ad informare il professionista della natura e delle utilità farmaceutiche del prodotto, in quali ipotesi risulti indicato, in quali no o addirittura nocivo" (Cassazione 25053/2006), dovendosi in ogni altro caso qualificare detti costi quali spese di rappresentanza.

La circolare ha, dunque, chiarito che il comma 9 dell’articolo 2 deve essere inteso nel senso di ritenere indeducibili non solo le spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi destinati a medici, veterinari e farmacisti, relative a fattispecie che integrano il reato di comparaggio, ma anche quelle riferibili a comportamenti contrari alla disciplina speciale prevista dal decreto legislativo 541/1992.
Pertanto, lo scopo del legislatore non è stato quello di ribadire, con specifico riferimento al settore farmaceutico, la previsione di indeducibilità dei costi derivanti da reato, già peraltro contenuta nel precedente comma 8 del medesimo articolo 2, ma quella di specificare che l’ambito di applicazione del regime di indeducibilità ha una portata più ampia.

La circolare ha previsto che tutti i costi sostenuti dagli operatori del settore farmaceutico, inquadrabili nella categoria delle spese di rappresentanza, in deroga all’articolo 108 del Tuir, sono indeducibili, in quanto si presume il difetto del requisito dell’inerenza all’attività di impresa.

Per giungere a tale conclusione, è tuttavia necessario unire la disciplina fiscale con la normativa sanitaria concernente la materia dell’informazione scientifica. Operando tale collegamento, viene in rilievo sul piano interpretativo il concetto "valore trascurabile" dei beni e servizi (al cui superamento il decreto legislativo 541/1992 collega la violazione della normativa sanitaria e, sul piano tributario, l’indeducibilità dei relativi costi ai sensi dell’articolo 2, comma 9 citato), che è stato individuato a livello di direttive sanitarie regionali in 20 euro annui per singolo medico. Non è, pertanto, corretto limitarsi a calcolare l’entità e il costo del singolo "omaggio" fatto al medico, ma è necessario operare una valutazione complessiva annua di tipo sia qualitativo sia quantitativo con riferimento a ciascuno degli operatori sanitari visitati dall’informatore scientifico.

Tale impostazione è stata, infine, recentemente confermata dalla Commissione tributaria regionale della Toscana, la quale, con la sentenza 23/29/2011, ha respinto l’appello principale del contribuente e accolto, invece, l’appello incidentale dell’ufficio relativamente a spese per materiale promozionale per complessivi 13.144.407 euro, rispetto a gran parte delle quali i giudici di primo grado avevano accolto il ricorso del contribuente in quanto considerate relative a beni di valore unitario inferiore a 25,82 euro.

Secondo i giudici di appello, infatti, "non si ritiene sostenibile la distinzione fatta dai primi giudici tra gli omaggi di costo unitario inferiore ad Euro 25,82 e quelli di costo superiore perché è innegabile che un omaggio di valore, in sé, trascurabile (art. 11 Dlgs 541/92) diviene non trascurabile se ripetuto più volte nello stesso esercizio fiscale ad in favore, s’intende, dello stesso medico".

La Ctr, andando oltre il semplice ragionamento "matematico", ha emesso anche un giudizio di valore, sottolineando come "del resto quel che appare ancora più rilevante non è soltanto la circostanza che il medico abbia ricevuto 4/5 oggetti (ricettari, biglietti da visita, pubblicazioni di carattere scientifico, penne, piccola attrezzatura medica, gadgets, timbri vari, etc), di valore di poco inferiore o di poco superiore a 25,82 Euro l’uno, ma che, nel complesso, ciascun medico sia stato "circondato" con ogni sorta di attenzioni (cene, pranzi, software, corsi di formazione gratuiti, convegni aperti a tutti, volumi d’arte, visite ai laboratori dell’azienda)".

I giudici concludono, dunque, che "si ritiene di poter conclusivamente condividere il rilievo dell’Agenzia quando afferma che l’art. 2/9° co. L. 289/02 per come è costruita la norma e per l’inevitabile correlazione alla disciplina sanitaria ed ai principi generali sul reddito di impresa, evidenziano l’intento e l’interesse del legislatore di collegare la sanzione della indeducibilità non tanto alla tipologia della spesa (pubblicità e/o sponsorizzazione e/o rappresentanza), ma alla offensività di determinate condotte riguardo a prerogative di interesse generale tutelate ex lege".

La normativa fiscale, in sostanza, vuole evitare che il medico venga indotto a prescrivere un medicinale non per la sua efficacia, "ma perché prodotto dalla azienda farmaceutica dalla quale ha ricevuto tante attenzioni".
 

Fonte: Giovambattista Palumbo – Marco Sensi da nuovofiscooggi.it
 

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