Fisco alza la posta: punta su Risco. Nel radar giro di false scommesse

Oltre 200 società già cadute nella rete degli 007 Antifrode delle Entrate con questa nuova missione antievasione
All in del Fisco, che con l’operazione “Risco” gioca d’azzardo contro gli evasori. Le sentinelle fiscali smascherano i bluff delle società italiane e stanano il loro giro di false scommesse associate a contratti di prestito titoli, i cosiddetti stock lending, stipulati con imprese estere, attive in particolare nell’Europa orientale e nella zona franca di Madeira. Sono più di 200 le imprese nostrane già pizzicate grazie alla missione Rischio Scommessa (Ri.sco) condotta dalla task force Antifrode dell’Agenzia. Vere e proprie “bische” frodatorie che soltanto nei primi mesi del 2010 hanno sottratto all’Erario più di 300 milioni di euro di imposte dirette. I trucchi per battere il Fisco e imbrogliare le carte si basano sul meccanismo delle scommesse a rischio zero, legate agli stock lending. Sono centinaia le aziende medio-piccole, fiscalmente residenti nello Stivale, sospette di “gioco sporco”. La maggior parte delle imprese nel mirino degli 007 delle Entrate si concentrano in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.
 
Bluff sulle puntate – In pratica, queste società stipulano contratti diversi che hanno sempre effetti neutrali dal punto di vista economico-finanziario, mentre sul piano fiscale generano un notevole risparmio d’imposta. Un piano d’azione che, nella sua variante più frequente, prevede la firma di un contratto di stock lending con un’impresa dell’Europa dell’Est titolare di partecipazioni in un’azienda di Madeira. All’accordo è legata una scommessa sull’entità dei dividendi distribuiti dalla portoghese partecipata da cui dipende il pagamento o meno di una commissione. In realtà, le parti sanno già come finisce la storia: la società residente perde sistematicamente la scommessa e deve pagare, ma solo sulla carta, una commissione pari o di poco superiore agli utili distribuiti dalla società.
 
Perché stavolta chi perde non paga – Di fatto, il risultato economico dello schema evasivo messo in campo è neutrale, perché la società residente non paga la commissione né incassa i dividendi, dato che i due importi si compensano. Fiscalmente però è possibile dedurre il costo della commissione a fronte di dividendi non tassati per il 95 per cento in base all’articolo 89 del Tuir. Quindi, l’unico vero frutto dell’operazione è l’evasione delle imposte sul reddito dell’anno.
Per rendersi conto della rilevanza delle somme in gioco, basti pensare per esempio a una società residente che registra sul conto economico un importo pari a 100 come dividendi da prestito titoli e la stessa cifra come oneri per la commissione sul contratto. Il risultato della gestione finanziaria è uguale a zero. Se il risultato delle altre gestioni è 100, questo sarà l’utile di bilancio da indicare nella dichiarazione dei redditi. Qui viene fatta una variazione in diminuzione per dividendi esclusi pari a 95, per cui il reddito fiscale è 5. L’indebito risparmio di Ires che ne consegue è di 31,35 (33% di 95): il contribuente di fatto non versa niente.

L’esempio riportato illustra solo uno dei molteplici modelli di illecita pianificazione fiscale individuati dall’Agenzia delle Entrate. L’Antifrode, infatti, studia  i fenomeni evasivi a tutto tondo, affinando le tecniche d’indagine per intercettare schemi negoziali, sempre più sofisticati e in continua evoluzione, elaborati in serie da soggetti dediti a questa specifica attività. 

Fonte : IlFiscoOggi

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