Chiamata in appello “parziale”: legittima se la causa è scindibile

La norma di legge secondo la quale l’appello deve essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili. Nel caso in cui la controversia abbia ad oggetto l’esistenza dell’obbligazione tributaria, la mancata proposizione dell’appello anche nei confronti del Concessionario della riscossione, convenuto in primo grado, non comporta l’obbligo di disporre la notificazione del ricorso in suo favore, essendo quest’ultimo estraneo al rapporto sostanziale dedotto in giudizio.

La controversia
La Commissione tributaria regionale dichiarava inammissibile l’appello dell’agenzia delle Entrate avverso una sentenza resa sia nei confronti dell’Amministrazione che del Concessionario della riscossione.
La pronuncia in questione aveva annullato delle cartelle di pagamento per violazione dell’articolo 60, sesto comma, del Dpr 633/72, non avendo l’ufficio notificato, prima di procedere all’iscrizione a ruolo, il previo avviso di pagamento entro trenta giorni, con riduzione della soprattassa al 60% dell’imposta non versata.
Il giudice di secondo grado, investito in udienza della richiesta di integrazione del contraddittorio con la chiamata in causa del concessionario avanzata dall’agenzia delle Entrate, aveva ritenuto che l’omessa notifica dell’appello al Concessionario della riscossione determinava, ai sensi dell’articolo 53, comma 2, del Dlgs 546/92, l’inammissibilità dell’appello.

Il ricorso alla Suprema corte
L’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Con il primo, l’Amministrazione ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli articoli 49 e 53 del Dlgs 546/92 e 332 del Cpc, censurando la sentenza per la mancata verifica delle conseguenze della omessa notificazione del gravame al Concessionario e per non aver assunto le relative determinazioni imposte dal rispetto dei principi in tema di impugnazione del codice di rito. Essendo infatti i motivi del ricorso introduttivo attinenti all’azione dell’Amministrazione, vi sarebbe stata carenza di legittimazione passiva del Concessionario, e rivestendo le domande proposte nei confronti dei convenuti natura di cause scindibili, si sarebbe dovuto concludere, in base all’articolo 332 del Cpc, per l’irrilevanza della mancata notifica dell’impugnazione al Concessionario, avendo la vertenza potuto essere definita anche senza la presenza di quest’ultimo.
Con il secondo motivo, ha denunciato la violazione e falsa applicazione anche degli articoli 102 e 331 del Cpc, assumendo che la dichiarazione di inammissibilità, anche a ipotizzare un litisconsorzio necessario, è da considerarsi erronea, perché il giudice doveva limitarsi a disporre (ex articolo 331 Cpc) l’integrazione del contraddittorio.

La decisione
La Suprema corte ha ritenuto i due motivi manifestamente fondati e si è pronunciata con la sentenza 24607/2008, accogliendo il ricorso e rinviando la causa ad altra sezione della Commissione tributaria regionale, per un nuovo esame della controversia alla luce dei principi enunciati.
In tema di contenzioso tributario e nell’ipotesi di litisconsorzio, perché sussista l’obbligo di chiamare in causa in appello tutte le parti presenti nella prima fase del processo, è necessario che i rapporti dedotti in causa siano inscindibili, non suscettibili di soluzioni differenti nei confronti delle varie parti del giudizio, o che due (o più) rapporti dipendano l’uno dall’altro, o da un presupposto di fatto comune, in modo tale da evitare l’adozione nei confronti delle diverse parti di soluzioni non conformi perché comporterebbero capi di decisione logicamente in contraddizione tra loro.
Ne consegue che, quando il giudice di primo grado adotti, senza contraddizioni insanabili, soluzioni diverse nei confronti di più parti, se ne deve dedurre l’insussistenza di alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario, nemmeno di carattere processuale, e l’applicabilità dell’articolo 332 del Cpc sulla impugnazione relativa alle cause scindibili.

In riferimento alla partecipazione al giudizio del Concessionario del servizio di riscossione dei tributi, la Corte ha poi affermato che, in caso di impugnazione di cartella esattoriale, la sua legittimazione passiva sussiste se l’impugnazione concerne vizi propri della cartella o del procedimento esecutivo, mentre va esclusa qualora i motivi di ricorso attengano alla debenza del tributo.
La disposizione secondo cui l’appello deve essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado (articolo 53, secondo comma, Dlgs 546/92), non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili. Pertanto, ove la controversia abbia ad oggetto l’esistenza dell’obbligazione tributaria, la mancata proposizione dell’appello anche nei confronti del Concessionario del servizio di riscossione, convenuto in primo grado unitamente all’Amministrazione finanziaria, non comporta l’obbligo di disporre la notificazione del ricorso in suo favore, quando sia ormai decorso il termine per l’impugnazione. Essendo egli estraneo al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, ne consegue la scindibilità della causa nei suoi confronti, anche nel caso in cui non sia stato eccepito o rilevato il suo difetto di legittimazione.

Alberto Catania – Fisco Oggi

 

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