“Apporto” della clientela: niente tassazione senza compensi

Cessione della clientela, il corrispettivo va misurato sia in entrata che in uscita. Non sussiste materia imponibile da assoggettare a tassazione ai sensi dell’articolo 54, comma 1-quater, del Tuir quando non è prevista alcuna remunerazione per l’apporto della clientela, né al momento dell’adesione all’associazione né al momento dell’eventuale recesso da parte del singolo professionista. Tale ipotesi di cessione gratuita è oltremodo ricorrente nei casi di confluenza di singoli professionisti all’interno di un’associazione professionale.

La questione attiene all’interpretazione del comma 1-quater dell’articolo 54 del Tuir. La norma in discorso è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 36, comma 29, del decreto legge 223/2006. Sulla base di questa disposizione, a far data dal 4 luglio 2006, alla formazione del reddito di lavoro autonomo concorrono anche i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale. Inoltre, è prevista la possibilità per il contribuente di assoggettare tali importi a tassazione separata, nell’ipotesi in cui siano riscossi in un’unica soluzione, ai sensi della "nuova" lettera g-ter del comma 1 dell’articolo 17 del Tuir. In proposito, nella circolare 11/2007, è stato precisato che il regime di tassazione separata deve ritenersi applicabile anche nel caso in cui il corrispettivo sia percepito in più rate ma nello stesso periodo di imposta.

La qualificazione normativa
L’articolo 54, comma 1-quater, del Tuir, stabilisce che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale. Laddove il corrispettivo sia riscosso in un’unica soluzione, la lettera g-ter) del comma 1 dell’articolo 17 prevede la possibilità per il contribuente di assoggettare tali importi a tassazione separata. Ne discende che la riconducibilità all’alveo del reddito di lavoro autonomo degli emolumenti percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali è rimessa al verificarsi di due distinte e concomitanti circostanze:
l’esistenza di un corrispettivo e la periodicità del suo versamento. A tal proposito, l’agenzia delle Entrate, con circolare 11/2007, ha ritenuto non riconducibile alla medesima fattispecie (e pertanto passibile di tassazione separata) anche l’eventuale pagamento rateale del corrispettivo, purché le stesse rate siano percepite nello stesso periodo di imposta
la riferibilità della clientela ceduta all’attività artistica o professionale.

La regolazione degli utili nelle associazioni professionali
Nell’ipotesi di confluenza di un’attività professionale, svolta individualmente, in un’associazione professionale, non può evidentemente configurarsi la cessione della clientela a causa della mancanza di un qualsivoglia corrispettivo. Ciò nonostante, la portabilità figurativa della clientela potrebbe assumere evidenza ai fini della quantificazione delle quote di partecipazione all’associazione e quindi anche in sede di recesso.
A tal proposito, l’articolo 5, comma 3, lettera c), del Tuir, stabilisce che le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni sono equiparate alle società semplici.

La norma svolge una funzione di raccordo con i precedenti commi 1 e 2 dello stesso articolo per cui i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Queste ultime si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all’inizio del periodo d’imposta. Se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali.
L’unica eccezione alla disciplina generale così delineata è appunto prevista per le associazioni professionali, che possono procrastinare la redazione dell’atto pubblico o della scrittura privata fino alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell’associazione stessa.

L’ipotesi, invero abbastanza comune, di un professionista che opera in forma individuale e intende associare alcuni collaboratori, creando un’associazione professionale ai sensi della legge 1815/1939 e dell’articolo 5, comma 2, lettera c), del Tuir, è stata recentemente vagliata dall’agenzia delle Entrate all’interno di un forum con la stampa specializzata.
Il dubbio interpretativo concerneva gli effetti fiscali derivanti dall’estinzione del rapporto associativo, qualora all’associato o suoi eredi non spettasse altro corrispettivo se non la quota di reddito del periodo d’imposta maturata alla data della cessazione del rapporto. A tal proposito, è bene specificare che all’atto della costituzione dell’associazione non era previsto il pagamento di alcun corrispettivo in denaro o in natura, né dal professionista, né dalla neocostituita associazione. Allo stesso modo le quote di partecipazione agli utili dell’associazione erano determinate, di norma annualmente, dagli associati in funzione del contributo lavorativo di ciascuno di essi.

Su tali presupposti, l’Agenzia ha ritenuto che, nel caso in cui non sia prevista alcuna remunerazione per l’apporto della clientela, né al momento dell’adesione all’associazione né al momento dell’eventuale recesso, non sussiste materia imponibile da assoggettare a tassazione ai sensi del citato articolo 54, comma 1-quater, del Tuir.

Nuovo Fisco Oggi

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