2010 un anno per ricominciare. Crisi pubblica e felicità privata

Non è molto difficile, in un anno come il 2009, destinato a concludersi, se tutto va molto bene, con una flessione del Pil di 4 punti percentuali e mezzo, indovinare che cosa gli italiani chiederanno a Babbo Natale quest’anno. Perché è vero – e l’ultima indagine Isae sulla fiducia dei consumatori lo conferma – che stanno migliorando nel Paese e, quindi, anche tra le famiglie che fanno la spesa, gli umori relativi allo scenario che ci attende, grazie ai refoli della ripresa internazionale. Ma quando, come ha fatto Ipsos su incarico del Sole 24 Ore, si chiede a mille persone che formano un campione rappresentativo della popolazione italiana, di formulare una graduatoria delle preoccupazioni in grado di generare insonnia, in altri termini quali siano in questo momento i problemi più seri e urgenti per l’Italia, il grosso della frequenze statistiche nelle risposte si addensa tutto da una parte sola: il problema numero uno, è il commento del 70% degli intervistati, si chiama occupazione, si chiama lavoro.

Sotto l’albero, quindi, verrà inevitabilmente depositato questo timore. Accompagnato, però, da un ottimismo sul proprio futuro e da una felicità su cui gli italiani dichiarano nella stragrande maggioranza di poter contare. Grazie alla famiglia, agli amori, alle amicizie. Resta quel timore che, purtroppo, non è solo fantasticato. I numeri della recentissima rilevazione mensile dell’Istat hanno confermato che in questo momento sono alla ricerca attiva di lavoro, perché disoccupati, 2 milioni di persone. È verissimo che il nostro Paese ha saputo sinora cavarsela meglio di altri, in mezzo ai marosi della crisi, proprio sotto il profilo dell’occupazione (se si fanno i confronti si scopre che la media dei paesi di Eurolandia ha un tasso di disoccupazione nettamente più elevato del nostro); ma il confronto internazionale non mitiga di molto la tendenza all’insonnia generata da questa questione. Non a caso, la preoccupazione numero due, in questa graduatoria degli spauracchi, è ancora la situazione dell’economia e il come fare per far ripartire il motore dello sviluppo economico (viene citata dal 30% degli italiani, che probabilmente in questo caso danno voce non solo alle inquietudini delle famiglie consumatrici ma anche a quelle dei tanti piccoli produttori e lavoratori indipendenti che in questi mesi hanno guardato in faccia il rischio di una cessazione della loro attività).

Ed è da notare che i problemi dell’economia vengono citati prima di quelli legati alla situazione politica, considerati gravi e urgenti solo dal 28% degli intervistati: la sfera dei bisogni, evidentemente, viene prima di tutto, in un anno che ci ha portato in dono la più grave crisi economica degli ultimi ottant’anni. Naturalmente, tra i timori molto diffusi c’è anche quello della criminalità (20% delle risposte), il funzionamento della sanità (17% degli intervistati) e i tempi lunghi della giustizia (11% degli intervistati), mentre la questione immigrazione è considerata un problema grave dall’8% degli italiani.

Va detto, per fortuna, che se si chiede alla gente di pensare ai prossimi sei mesi e alla propria situazione economica personale, le risposte denotano un consistente senso di sollievo collettivo: mi aspetto che le cose vadano meglio, dichiara il 29% degli italiani; mi aspetto che la mia situazione resti invariata, dice il 50% degli intervistati, mentre solo una quota nettamente minoritaria delle risposte, il 19%, vira sul pessimista, con un’aspettativa di peggioramento.

È un segno che quando si fa astrazione dalle questioni che inevitabilmente sono influenzate da fattori esterni e anche da elementi, come dire, ideologici, la percezione di un contesto in via di miglioramento c’è. Il sollievo, però, non si è ancora trasferito sull’immagine del quadro complessivo della salute economica del Paese. Lo ritiene molto positivo solo il 2% degli intervistati (si tratta in prevalenza di persone anziane, che vivono dei proventi di lavoro autonomo, precisano i rilevatori dell’Ipsos); il giudizio abbastanza positivo totalizza il 25% di risposte mentre la definizione abbastanza negativo ottiene il 46% e il 24% delle risposte si addensa sulla valutazione "molto negativo".

La stessa sensazione non molto allegra si ricava dalle risposte alla fatidica domanda che tutti noi siamo soliti rivolgere al dentista, quando siamo nelle sue mani armate di trapano da almeno mezz’ora. La domanda è: "Il peggio è passato?" In questo caso, le risposte di chi sente che la parte più tormentosa della tempesta è alle spalle sono pari al 26% mentre chi dice "siamo all’apice della crisi" è il 25% degli intervistati. E c’è un 45% di persone secondo le quali il peggio deve ancora arrivare. In questo caso, però è opportuno valutare anche le risposte fornite a luglio e marzo scorso: nel tempo, il barometro dei tre giudizi espressi risulta nettamente migliorato.

Gli esperti della Ipsos hanno infine provato a fare un test sulla felicità chiedendo alla gente se si ritiene felice. È una domanda perfettamente legittima (il perseguimento della felicità campeggia nella Costituzione americana), anche se è noto che le persone si vergognano di mettere in piazza i propri disagi, così come non amano parlare dei propri soldi. Si dichiara molto felice il 45% degli intervistati (in prevalenza casalinghe, annota l’Ipsos). «Sono abbastanza felice» è la risposta di un altro 40 per cento. Tra i motivi principali della felicità, vi sono gli aspetti "basici" della vita: la famiglia (67%), l’amore (28%), gli amici (27%). Per essere felici, diceva Karen Blixen, ci vuole coraggio. E gli italiani, evidentemente, ne hanno da vendere.

Fonte : IlSole24Ore

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